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Aristotele: la metafisica

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Inoltre, la  teoria aristotelica  postulava l'esistenza, tra il limite superiore di Dio e quello inferiore della materia prima, del mondo celeste costituito dall'etere (o quinta essenza), ritenuto il regno del perfetto e inalterabile moto circolare, e del mondo sublunare composto dai quattro elementi di cui aveva precedentemente parlato Empedocle: il regno del moto rettilineo, il regno della trasmutazione, il regno del nascere e il regno del morire.  Ai tre gradi della vita terrestre corrispondevano, nella dottrina aristotelica, tre specie di anima: vegetativa, tipica delle piante, sensitiva, appartenente agli animali e intellettiva che nell'uomo si univa alle due precedenti; l'anima sensitiva e quella intellettiva determinavano la conoscenza.    Questa interpretazione è espressa nelle opere raccolte nella Metafisica  basate sulla critica della dottrina platonica del mondo delle idee e sullo studio dell'ordine dell'universo    Aristotele   distinse le scienze in

Aristotele: socialità dell'uomo e indagine politica

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  Secondo Aristotele la Polis è concepita come un organismo naturale che dipende nel suo costituirsi e nei suoi sviluppi dalla stessa natura umana, infatti, l'uomo, "animale naturalmente sociale", tende per natura ad aggregarsi con gli altri individui e a costituirsi in società, mentre la vita al di fuori del consorzio con i propri simili, appartiene agli esseri inferiori o superiori. La città è vista da Aristotele come un processo che vede l'uomo aggregarsi istintivamente in associazioni via via più ampie; prima nel nucleo familiare, infine nella polis, la forma più compiuta di associazione, che permette al cittadino non solo di vivere, ma anche di vivere bene, cioè di condurre una vita virtuosa e felice. Con questa dottrina, Aristotele si schiera dunque in senso anti convezionalista a favore delle teorie naturalistiche dello stato. In campo politico, Aristotele non rinuncia a proporre modelli normativi della polis e a dire come deve essere la città ideale. con l'

Aristotele: rapporto tra uomo e natura

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Aristotele analizzò la natura e l'uomo per cercare di ricomporre la scissione tra il mondo sensibie e il mondo delle idee, di cui aveva parlato precedentemente Platone, escludendo inoltre la realtà empirica ogni possibilità di conoscenza. concetti di partecipazione ( metessi ) e di imitazione ( mimesi ) espressi da Platone, non vennero mai condivisi da  Aristotele ; quest'ultimo, esaminando la natura, affermò che essa era caratterizzata dalla dualità platonica e presentava l'essere non come principio di fissità, ma dinamico e immanente. Secondo la teoria aristotelica, non tutto quello che poteva essere ideato costituiva la realtà effettiva; ad esempio, i concetti di quantità, qualità, relazione erano solamente dei modi di essere e neanche gli elementi primordiali di cui parlavano i presocratici facevano parte della realtà.  

Aristotele: deduzione e induzione

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Per interrompere il ragionamento sillogistico, bisognava enunciare principi logici indimostrabili, veri in sé e universali, ovvero validi per tutte le scienze, delle quali non dovevano contenere le singole definizioni; a queste ultime, secondo  Aristotele , si perveniva tramite il procedimento induttivo, consistente nel desumere da osservazioni ed esperienze particolari, i principi generali e universali in esse impliciti.  Aristotele sosteneva che fosse impossibile l'esistenza di una scienza della realtà, poiché la  deduzione , ossia il procedimento logico che consiste nel derivare da una o più premesse date, una conclusione che sia la conseguenza logica, non si applicava alle esperienze dei singoli individui, di cui non era possibile conoscere i tratti individuali forniti dalla materia, ma soltanto la loro specie. Il filosofo ha proposto una soluzione dualistica, associando la realtà all'idea di specie.

Aristotele e la sua vita

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Aristotele fu uno dei più grandi filosofi occidentali, uno dei primi ad aver considerato la filosofia come un'attività scientifica articolata in discipline distinte, il cui obiettivo  era  quello di interpretare tutta la realtà. Secondo Aristotele  per arrivare a questo obiettivo era necessario avere un metodo in cui i pensieri e i ragionamenti dovevano necessariamente rispettare delle determinate condizioni per giungere a conclusioni certe.  Secondo   lui ,   la logica   era la più importante fra tutte le scienze; essa, denominata dallo studioso analitica, venne definita come la scienza che studia le regole della conoscenza scientifica. La logica aristotelica si basava sulla teoria del sillogismo e sull'analisi delle proposizioni. tale  ragionamento sillogistico  consisteva nel pervenire a conclusioni vere se le premesse erano vere; quindi, era necessario controllare e verificare sempre le premesse da cui aveva inizio il discorso. Questo tipo di procedimento aveva come scopo i

Platone: il mito della caverna

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Per Platone il mito è uno strumento di cui si serve il filosofo per comunicare le proprie dottrine in maniera più accessibile ed intuitiva; infatti, attraverso il mito Platone può trattare di realtà che vanno oltre i limiti dell'indagine razionale. Platone per poter spiegare molti dei suoi concetti fa spesso ricorso ai miti per spiegare in modo più diretto e comprensibile le sue dottrine ma anche per poter illustrare dei concetti che difficilmente troverebbero un'adeguata espressione in un linguaggio puramente razionale. Il mito della caverna narra brevemente di alcuni prigionieri incatenati fin dalla nascita nelle profondità di una caverna. Oltre le membra sono anche incatenate la testa e il collo affinché prigionieri guardino soltanto il muro dinanzi a loro. Alle loro spalle ha acceso un fuoco affinché sul muro compaiano le loro ombre. I prigionieri non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle sarebbero portati ad interpretare le ombre “parlanti” come oggetti, pia

Platone

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Platone, che nacque da una delle più importanti famiglie di Atene fu uno dei massimi pensatori di tutti i tempi, a cui dobbiamo l'elaborazione di gran parte dei temi, dei concetti e del lessico della filosofia. Secondo Platone, la crisi sociale e politica del suo tempo è l'espressione di una crisi più profonda, che riguarda l'intera esistenza umana. L'ingiustizia, per lui, è il sintomo della scissione tra politica e saggezza: infatti se a guidare la città sono elette persone che non sanno guardare al di là della realtà contingente imperfetta e che non sanno cos'è la virtù come si può sperare che essa venga amministrata secondo principi di giustizia? Ecco perché Platone matura la convinzione che una riforma esistenziale e politica debba muovere innanzitutto dalla filosofia in quanto solo essa è in grado di condurre a nuove e solide certezze intellettuali, sulla cui edificare poi un modello di società ordinata e giusta. Per dare corpo a questo progetto di rigenerazion