Platone: il mito della caverna


Per Platone il mito è uno strumento di cui si serve il filosofo per comunicare le proprie dottrine in maniera più accessibile ed intuitiva; infatti, attraverso il mito Platone può trattare di realtà che vanno oltre i limiti dell'indagine razionale. Platone per poter spiegare molti dei suoi concetti fa spesso ricorso ai miti per spiegare in modo più diretto e comprensibile le sue dottrine ma anche per poter illustrare dei concetti che difficilmente troverebbero un'adeguata espressione in un linguaggio puramente razionale. Il mito della caverna narra brevemente di alcuni prigionieri incatenati fin dalla nascita nelle profondità di una caverna. Oltre le membra sono anche incatenate la testa e il collo affinché prigionieri guardino soltanto il muro dinanzi a loro. Alle loro spalle ha acceso un fuoco affinché sul muro compaiano le loro ombre. I prigionieri non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle sarebbero portati ad interpretare le ombre “parlanti” come oggetti, piante, animali e persone reali. In poche parole, Platone si riferisce alla scoperta della realtà e delle cose che ci circondano. Insomma, il filosofo che esce dalla caverna non aumenta le proprie conoscenze, bensì le rende più chiare e più vicine alla realtà. Se prima conosceva solo le ombre delle cose, piano piano impara a conoscere le cose reali e poi le idee che secondo Platone sono ciò che di più reale ci sia.

 

 

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